Premessa
Sono nata settimina, con parto cesareo. L'intervento è stato eseguito da mia zia, ginecologa. Anche mio zio è ginecologo. Ricordo le feste in famiglia, ognuno parla del suo lavoro,racconta aneddoti ed io, sin da piccola, mi sento piuttosto ferrata in fatto di nascite: come nascono i bambini? Ovvio, con un cesareo.
Quando ho saputo di essere in incinta ho chiesto: faccio il cesareo vero?
Dovevo ancora capire che “ovvio” non significa “naturale”.
Ho una soglia di sopportazione del dolore piuttosto bassa, anzi, diciamo la verità, bassissima.
Mia madre dice che il cesareo è facile, non le ha dato nessun problema.
Il futuro papà mi supporta in tutto, certo però ha un dubbio: se in tanti secoli non ci siamo mai estinti forse partorire senza l'ausilio di un intervento chirurgico è possibile...
Qualcosa dentro di me inizia ad incrinarsi...
Mi consigliano di parlare con mia cognata, ha avuto una bimba 3 anni fa ed ora aspetta la seconda.
I miei cognati vivono in Spagna, sono entrambi medici e lui è anestesista.
Il confronto si risolve in un “ non ti preoccupare, non senti nulla. Prima ti fanno l'epidurale e poi l'ossitocina”. In Spagna l'epidurale è la prassi.
Pensare al parto mi fa stare male; vietato chiedermi dove partorirò perché mi irrigidisco, vado in crisi, mi arrabbio.
Inoltre a rincarare la dose si aggiungono i racconti di parti strazianti di amiche o colleghe che sembrano fare a gara a chi ha affrontato il travaglio più doloroso o il parto più lungo.
Il bulbo e la Buona Stella
L'amaryllis è una pianta bulbosa. Il bulbo dorme a lungo, per molti mesi, sotto la terra.
Nei mesi “dormienti” continuo a pensare al parto e arrivo alla conclusione che mi serve un corso pre-parto, ho bisogno di un po' risposte.
Ovviamente colleziono opinioni anche sul corso pre-parto: non serve a nulla, fallo all'ultimo minuto, gratuitamente in ospedale, vai da sola che tanto al papà non interessa...
Ma questa è una bella storia e, come in tutte le belle storie, arriva la “buona stella”...
Trovo il “nostro” corso, quello che sento fa per noi, tutti e tre...
Per incontrare, imparare e chiaccherare con la nostra Buona Stella ci siamo tolti le scarpe e ci siamo seduti per terra.
Due gesti semplici che per noi hanno rappresentato l'inizio di un cammino alla ricerca di radici ancestrali, di contatto con la terra, di disponibilità a fermarsi e ad ascoltare i tempi della natura.
E fermandomi e ascoltando faccio una scoperta sorprendente: il parto non è a senso unico!
Non è la mamma che partorisce, è una collaborazione tra mamma e cucciolo. Quando lui è pronto il corpo di mamma si mette in moto per accompagnarlo fuori e lui si spinge...
E
naturalmente una collaborazione richiede rispetto. Ecco che cosa ha cancellato tutte le mie paure del dolore: il voler rispettare le scelte di mia figlia.
Col papà parlavamo di come crescerla, di come aiutarla ad essere libera, felice, di come sviluppare la sua coscienza civica e poi... E poi mamma, per paura, stava per trasformare la nostra prima occasione di collaborazione in un gesto autoritario, dittatoriale, nel quale altri avrebbero deciso quando era ora di uscire.
No, questo proprio no! Come potevo sognare di avere un bel rapporto con mia figlia senza impegnarmi ad ascoltarla dal principio ? Di fronte alla scoperta che “si nasce assieme” la catena del cesareo si è spezzata, volevo fare il percorso con mia figlia, insieme, con amore e rispetto.
Accompagnata dalla Buona Stella anche la mia natura di mamma inizia a germogliare e a trovare una sua strada.
Lo stelo verde
Compare una mattina...Una punta verde, timida tra il nero della terra, ma incanta per il suo colore brillante. Certo, non c'è il fiore, neppure il gambo, neanche una foglia, eppure è chiaro che il bulbo si sta trasformando, sta cambiando, sta crescendo.
E' iniziato così il mio percorso di crescita :scoprendo che mia figlia avrebbe puntato i piedi per venire al mondo.
La mia cucciola cresce, la mia pancia cresce, ora finalmente cresco anch'io.
C'è ancora un po' di tempo prima che la vita che porto in grembo sbocci, decido di usare questo tempo per coltivare le emozioni, i pensieri, dare ascolto alle paure per superarle.
Inizio un percorso di massaggio indiano per donne in gravidanza e leggo alcuni testi sulla nascita.
Insieme al papà facciamo degli esercizi di visualizzazione. Uno in particolare mi colpisce: bisogna scegliere un fiore, osservarlo attentamente mentre sboccia e immaginare che al momento del parto il perineo si aprirà come quel fiore. Scelgo l'Amaryllis.
I primi tempi mi capitava di venire ancora assalita dalla paura del parto, una volta ho avuto anche un incubo. Ma giorno dopo giorno le tensioni si sciolgono, le paure svaniscono. Supero alcune ansie anche con l'aiuto della musicoterapia. Sono pronta a ballare con mia figlia questa danza che conduce alla luce. Le nostre energie hanno imparato a conoscersi e unirsi, ci siamo intrecciate e abbiamo creato lo stelo che porterà il fiore.
La fioritura
Il nome Amaryllis deriva dal greco e significa “splendere”.
Sul balcone c'è il vaso con l'amaryllis. In realtà i vasi sono due: un amaryllis bianco e uno bianco e rosso. Sboccia l'amaryllis bianco. Quattro fiori bianchissimi che si spalancano al mondo con forza e bellezza. Sembra che sappiamo abbracciare il sole e restituirne la luce con dolcezza.
Andiamo (io e la pancia) tutte le mattine e tutte le sere sul balcone per guardare l'amaryllis. Quello rosso non c'è, quasi un augurio e un invito a concentrarmi solo sulla luce.
Quello bianco è bellissimo. A volte sembra che la luce riverberi sui petali e i suoi fiori sembrano quasi avvolti da un alone di magia.
La mia pancia si è esercita tutti i giorni con un po' di contrazioni, sperimentiamo insieme la forza di questa magia che sta per accadere...
Speravo che mia figlia nascesse di giorno, magari in un giorno in cui papà era a casa perché non mi piaceva la scena da film “ Corri, corri...”.
Sabato pomeriggio perdo il tappo.
Domenica mattina sto abbracciata al papà, passeggio nella cameretta, faccio una doccia. Non mi accorgo quasi di aver rotto le acque, me lo conferma l'ostetrica per telefono, dopo avermi fatto alcune domande.
Annuso il profumo dei fiori. Poi mi ritiro nella cameretta. Sono le nove e mezzo di mattina.
La persiana è leggermente abbassata, il ricordo dei profumi dei fiori si mescola all'essenza di agrumi che accompagnava i nostri massaggi, un profumo familiare che accompagna la nostra nascita.
Il travaglio inizia. Dolcemente, lentamente.
Iniziamo a collaborare...Papà ci accompagna suonando un po' la kalimba e un po' lo jambè, mentre noi ci culliamo sulla palla da pilates. I gatti passano a controllare, verificano che la coperta sia morbida, fanno le fusa.
Da un certo punto poi ho solo i ricordi di un sogno. Canto, lo stesso canto indiano, l' Om -mamah- Shivaya, in continuzione.
Mi sono spostata in camera da letto, abbraccio un cuscino azzurro coi pinguini. Papà parla al telefono con la nostra Buona Stella.
Quando arriva è sorridente; ricordo un'abito azzurro e verde che si intona coi colori dell'estate, è ora di avviarci verso l'ospedale...
Sono felice. Canto. Indosso il vestito bianco, quello “bianco amaryllis”. Usciti in strada mi rendo conto che è una bellissima giornata, la mia bimba ha scelto di nascere di giorno, come mamma sperava, in un giorno in cui papà era con noi...
Del mio travaglio ricordo il canto, la luce, i sorrisi del papà e della nostra Stella. Nient'altro.
Non ricordo il dolore, non c'era la paura. Solo un'onda di luce che mi invade e si ritira. Mi dà tempo, mi riprendo, torna l'onda, poi respiro.
Il papà e l'ostetrica ci hanno protetto, coccolato, accompagnato. Erano con noi ma su un altro piano, uno terreno, mentre noi spaziavamo tra la luce e i fiori.
Mi raccontano che mentre andavano all'ospedale abbiamo trovato la coda di gente che andava a fare i pic-nic, forse qualcuno avrà sbirciato e si sarà chiesto cosa capitava in quell'auto dove una andava su e giù... Io non ricordo la coda, solo il cielo azzurro, che vedevo quando mi alzavo e l'azzurro del cuscino di quando mi sdraiavo sul sedile, il verde e l'azzurro della Buona Stella che mi dava da bere e vegliava su di noi.
Siamo arrivati in ospedale alle 13.00. Alle 13.30 Arianna era sulla mia pancia.
Le sarò sempre grata per avermi regalato questa emozione con così tanta cura e gentilezza. Mi dava il tempo di riprendermi, di pensare alla cervix che si apre come l'amaryllis e all'onda di luce che l'accompagna fuori. Il parto è stato come una visione, un momento in cui io c'ero ed ero altrove, come se avessimo danzato insieme un'esperienza già vissuta insieme, nel nostro immaginario, e oltre la nostra immaginazione. Un desiderio comune di vivere una dolce esperienza.